giovedì, marzo 12, 2009

Tra scienza e coscienza...

Dalla lettera di Gargantua al figlio Pantagruel, studente a Parigi:
"...rien ne te soit inconnu...
...que je voie un abime de sciences, que tu deviens homme et te fait grand!Mais...science sans conscience n'est que ruine de l'âme!"
F. Rabelais, Pantagruel, 1532
"Niente rimanga per te sconosciuto...che io possa ammirare un abisso di scienza, che tu possa diventare un grande uomo! Ma la scienza, senza la coscienza, non è che la rovina dell'anima!"
Con queste parole, Gargantua, buffo personaggio creato da Rabelais, si rivolge al figlio, per indirizzarlo nel percorso di formazione che ha appena intrapreso. Dopo averlo invitato ad approfondire tutte le discipline allora conosciute, senza tralasciare nulla, gli ricorda, che la cultura e la scienza, per quanto vaste, sono inutili o addirittura dannose se possedute senza coscienza. Queste parole, per quanto datate, mi sono tornate alla mente oggi, dopo un pomeriggio dedicato all'anatomia e all'istologia. Nella medicina moderna esiste ancora la coscienza? O è stata sommersa dalla scienza? Il medico si ricorda che il paziente è prima di tutto uomo o lo vede soltanto come una malattia, un organo malfunzionante, un insieme di cellule e tessuti?
In questo campo più che mai la scienza senza coscienza è dannosa: il medico che dimentica l'umanità, la solidarietà, la gentilezza, il sorriso non aiuta il paziente nel processo di guarigione, ma lo ostacola; il medico che agisce guidato dalla logica del denaro o del successo o spinto da un ingiustificato senso di superiorità si allontana dal paziente ed è quindi impossibile che possa svolgere correttamente il suo ruolo. L'anatomia, così come l'istologia, è una disciplina di base, necessaria, ma è fondamentale che noi, in quanto futuri medici, ci avviciniamo alla scienza e ce ne impossessiamo guidati sempre dalla coscienza!

2 commenti:

  1. è vero, non ci può essere scienza senza coscienza, e soprattutto è vero che si inizia a curare innanzitutto con un sorriso e con il calore umano, perchè se il medico non trasmette un pò d'affetto il paziente, o meglio, la persona si sente abbandonata, ed è naturale che pensi "mi cura solo perchè è il suo lavoro ma che vuoi che gliene freghi di me!". invece bisogna dimostrare che le persona è importante in quanto tale, è sbagliato rifersi al malato indicando la patologia, per la serie "in camera 2 c'è il tumore al seno, nella 3 c'è l'ernia al disco, ecc". sono innanzitutto PERSONE, con un sacco di paure e hanno bisogno di un bravo medico, non di un coglione che neanche ti vuol vedere e fa la sua diagnosi da lontano!

    più umanità e coscienza dunque! :)

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  2. Vero, vero ... Sono assolutamente d'accordo. Mi hai fatto tornare in mente una delle questioni fondamentali su cui discutevamo durante i briefing del tirocinio: la freddezza dei medici più anziani contro l'entusiasmo dei più giovani specializzandi; e soprattutto la piccola gioia dei "pazienti" (scusate) quando semplici studenti del primo anno oltrepassavano la presunta "barriera" e si fermavano a fare due chiacchiere con loro ...
    Grazie!

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